LASCIATEVI RICONCILIARE CON DIO

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Questa frase di San Paolo sarà il tema per l’anno 2007 a Lourdes. Si trova nella 2° lettera ai Corinzi. Per meglio comprenderla, citiamo ciò che precede:

Quindi se uno è in Cristo, è una creatura nuova; le cose vecchie sono passate, ecco ne sono nate di nuove. Tutto questo però viene da Dio, che ci ha riconciliato con sé mediante Cristo e ha affidato a noi il ministero della riconciliazione.

È stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo, non imputando agli uomini le loro colpe e affidando a noi la parola della riconciliazione.

Noi fungiamo quindi da ambasciatori per Cristo, come se Dio esortasse per mezzo nostro. Vi supplichiamo in nome di Cristo: lasciatevi riconciliare con Dio.

(2 Corinzi 5, 17-20)

Che cosa è successo ai Corinzi?
Tra tutte le comunità cristiane dei primi tempi, Corinto è quella che conosciamo meglio. Due delle lettere che San Paolo ha scritto loro sono giunte sino a noi. Altre, probabilmente, sono andate perdute, ma Paolo,in queste che conosciamo, vi fa allusione. Se l’apostolo scriveva loro così spesso, è perché la comunità creava problemi. I cristiani erano divisi tra loro, la morale non era il loro forte: un membro della comunità viveva con la suocera, senza che la comunità reagisse. La celebrazione eucaristica nell’ambito di un pranzo si trasformava in un baccanale e le assemblee di preghiera si trasformavano in una fiera. Il rapporto con Dio ed il rapporto con gli altri erano entrambi molto difficili. I Corinzi avevano accolto il Vangelo con gioia, Paolo aveva sentito il Signore che gli diceva: “Io ho un popolo numeroso in questa città” (At 18.10). Era rimasto sul posto un anno e mezzo. Si comprende quindi che fosse molto legato a questa comunità e che soffrisse per gli scandali che la travolgevano.

La “riconciliazione”: una bella parola per dire l’opera di Dio
Per risvegliare i Corinzi, Paolo li riporta alle origini della loro fede. Che non si gonfino d’orgoglio (1 Cor 5, 2)! È Dio che ha fatto tutto. Quando Paolo parla di “Dio”, designa il Padre. L’opera di Dio è stata quella di riconciliare il mondo con lui. La riconciliazione è più del perdono. Perché, se il perdono non viene accettato da una delle parti resta, ahimè, sterile. Nell’Antico Testamento Dio ha sempre offerto il perdono ed ha fatto alleanza col popolo dell’Israele. Ma la risposta è sempre stata deludente. È solamente in Gesù Cristo, nostro fratello fino alla morte, che l’iniziativa di Dio riceve una risposta adeguata. In lui si crea “la nuova ed eterna alleanza”. L’opera di riconciliazione è compiuta. Grazie al battesimo, lo Spirito Santo ci fa entrare in questa alleanza. Diventiamo una creatura nuova, secondo San Paolo. Troviamo un’affermazione simile in San Giovanni: nel colloquio con Nicodemo, Gesù parla di una nuova nascita, di una nascita dell’alto, di acqua e di Spirito (Giovanni 3, 3-5). Solo questa nuova nascita fa entrare, fin da ora, nel Regno di Dio. Da parte di Dio, nel Cristo e attraverso lo Spirito, l’opera di riconciliazione è compiuta: i doni e la chiamata di Dio sono irrevocabili (Romani 11,29). Il battezzato sarà sempre un battezzato. Ma gli è possibile cadere. Come il figliol prodigo, può voler dimenticare la sua dignità di figlio ed andarsene lontano, vivere per conto suo: è in questo che consiste il peccato, nel senso cristiano del termine.

Sui passi del figliol prodigo
Seguiamo i passi del nostro figliol prodigo (Luca 15, 11-24). Un giorno egli si desta: la sua scelta era cattiva. Riflette, vale a dire si gira verso se stesso invece di lasciarsi attirare dai piaceri esterni e passeggeri: è una prima conversione. Decide di tornare da suo padre: non spera di ridiventare un figlio, ma può contare di essere trattato almeno come un servo. Anche se gli è difficile riconoscere di aver sbagliato, riprende la strada, in senso inverso: è una seconda conversione. Ma la riconciliazione è opera del padre. È lui che aspetta sul terrazzo il ritorno improbabile di suo figlio. È lui che esce per andargli incontro, corre verso di lui e lo abbraccia. Ascolta la sua confessione ma non lo lascia nemmeno finire: il figlio vorrebbe essere trattato come un bracciante. Il padre non vuole sentirne parlare e fa preparare una festa dell’alleanza rinnovata. Così è la nostra situazione. Possiamo rimpiangere i nostri errori e, anche per questo, abbiamo bisogno dell’aiuto di Dio:
Fammi ritornare e io ritornerò!
(Geremia 31,18)
Non possiamo fare di più che esprimere a Dio il nostro desiderio di conversione: il nostro peccato stesso ci impedisce di ritornare, da soli, in amicizia con Dio. Possiamo solamente chiedergli di riconciliarci con lui. Nelle sue lettere, San Paolo ha spinto i Corinzi a correggere la loro condotta e ad abolire gli abusi. Ma è Dio che opererà in essi la riconciliazione, se lo consentiranno. Se si lasceranno riconciliare con Dio e da Dio, si lasceranno riconciliare gli uni con gli altri. San Paolo li supplica, con lo stesso vigore che ha impiegato per denunciare i loro errori. La sua parola è più di una semplice esortazione. È un “ministero”, “come se Dio esortasse per mezzo nostro” (2 Cor 5, 18-20). Non siamo lontani dal sacramento della riconciliazione.


Mons. Jacques Perrier
Vescovo di Tarbes e Lourdes

 

 

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